Lo scorso anno l'operazione Munda Mundis aveva scompagginato un accordo tra stidda e Cosa Nostra nella gestione del pizzo sui rifiuti a Gela. Adesso le indagini delle Forze dell'Ordine hanno permesso di scoperchiare lo stesso meccanismo anche nel catanese. Qui le cosche che operano tra i territori di Bronte e Randazzo intimidivano le imprese che effettuavano la raccolta dei rifiuti per conto dell'ATO1.
È uno degli aspetti dell'operazione Trash - dal termine inglese che tradotto significa, appunto, immondizia - che i carabinieri hanno eseguito colpendo il clan di Francesco Montagno Bozzone, Oltre a Montagno Bozzone, gli ordini di custodia cautelare sono stati rivolti a quattordici persone. I reati: associazione mafiosa, spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione di armi.Montagno Bozzone, aveva già avuto guai giudiziari: nel 2005 era stato condannato a 14 anni di reclusione nel processo alla "Mafia dei Nebrodi": in quel caso fu ritenuto responsabile del tentato omicidio di Giuseppe Gullotti, avvenuto il 16 febbraio 2002.
Le indagini, durate due anni, erano partite grazie alle denunce dei cittadini.
Il gruppo mafioso aveva messo in atto la solita strategia di avvicinamento: i messaggi sotto forma di bottiglie incendiarie lasciate nei parcheggi degli automezzi dovevano servire a convincere i responsabili a comportarsi in modo "amichevole"; in altri termini significava assumere alcuni affiliati o noleggiare i mezzi adatti alla raccolta da officine gestite da persone vicine all'organizzazione.
Anche questa inchiesta conferma quanto affermato dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti: in Sicilia non è ecomafia in senso stretto, ma Cosa Nostra esercita un controllo sulla gestione dei rifiuti attraverso l'estorsione, a differenza della criminalità organizzata Campana che gestisce il business in maniera diretta.
Le indagini, durate due anni, erano partite grazie alle denunce dei cittadini.
Il gruppo mafioso aveva messo in atto la solita strategia di avvicinamento: i messaggi sotto forma di bottiglie incendiarie lasciate nei parcheggi degli automezzi dovevano servire a convincere i responsabili a comportarsi in modo "amichevole"; in altri termini significava assumere alcuni affiliati o noleggiare i mezzi adatti alla raccolta da officine gestite da persone vicine all'organizzazione.
Anche questa inchiesta conferma quanto affermato dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti: in Sicilia non è ecomafia in senso stretto, ma Cosa Nostra esercita un controllo sulla gestione dei rifiuti attraverso l'estorsione, a differenza della criminalità organizzata Campana che gestisce il business in maniera diretta.