domenica 14 settembre 2008

A Zio Pino

Spesso ho raccontato questo episodio alle migliaia di giovani che ho incontrato nelle scuole d'Italia. Perché nella sua drammatica schiettezza rappresenta un segnale limpido di come di fronte a Cosa Nostra e alla sua cultura, alle sue sopraffazioni, non bisogna mai abbassare la guardia. Ma è soprattutto il segno di quanto importante sia la comunicazione in luoghi abbandonati a se stessi e al dominio mafioso, com’era Brancaccio. Se si rinuncia a comunicare, a mostrare l’alternativa al sistema criminale, se si rinuncia a raccontare e svelare, allora si rinuncia al cambiamento. È per questo che l’idea di un fumetto su Brancaccio mi ha subito colpita. Scegliere uno strumento di comunicazione come questo per ribadire alcuni valori, per mostrare l’alternativa e raccontare i percorsi di un quartiere così difficile è importante. Perché parla ai più giovani, li rappresenta e li interessa. Riesce a creare un canale privilegiato in cui ascolto, parola e prospettiva si fondono. E nella semplicità di un tratto, di una battuta, riescono a comunicare oltre le parole e le immagini stesse. Se oggi Brancaccio è cambiato è merito della comunicazione. Di quelle parole pronunciate da Padre Puglisi dal pulpito della sua chiesa. Delle parole dei volontari di Libera e delle altre associazioni che hanno operato e continuano a operare nel quartiere. E di tutte quelle parole che sono diventate scelte concrete ed esempi contagiosi. Come, mi auguro, diventi questo libro. Per Brancaccio, oltre Brancaccio.

R. Borsellino, Oltre Brancaccio, in G. Di Gregorio e C. Stassi, Brancaccio. Storie di mafia quotidiana, Edizioni Becco Giallo, 2007.