di Nuccio Anselmo - GdS
Bisogna cioé capire se su quel business di milioni di euro ci ha allungato le mani la famiglia mafiosa barcellonese. Ecco perché il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri e il prefetto di Messina Francesco Alecci hanno firmato il decreto di accesso agli atti, già notificato ieri mattina al sindaco di Barcellona Candeloro Nania, ed hanno nominato una Commissione prefettizia d’indagine già al lavoro, formata da tre membri: il vice prefetto Antonio Contarino, il vice questore della Polizia e dirigente del commissariato di Barcellona Mario Ceraolo, e il capo sezione della Dia di Messina Danilo Nastasi, che è un tenente colonnello della Guardia di Finanza.
I tre componenti, tutti con una vasta esperienza proprio in questo campo, già ieri mattina hanno consegnato formalmente al sindaco Nania il provvedimento, un atto che li autorizza nelle prossime settimane a controllare l’intera procedura amministrativa adottata dagli uffici comunali barcellonesi in questa vicenda. Il vice prefetto Contarino, per esempio, ha già composto le Commissioni che hanno lavorato per scoperchiare le infiltrazioni mafiose nei comuni di Terme Vigliatore e di Furnari.
Gli accertamenti, scrive il prefetto Alecci, sono stati decisi «per esperire accertamenti mirati nell’ambito dei settori della gestione amministrativa di quell’Ente locale, allo scopo di verificare la eventuale esistenza di forme di condizionamento della criminalità organizzata», e in relazione a questa storia «risultano avviate indagini da parte dell’Autorità Giudiziaria».
Già, perché nell’aprile del 2010, dopo aver aperto un’inchiesta, il sostituto procuratore di Barcellona Francesco Massara aveva ordinato l’acquisizione di tutti gli atti amministrativi e progettuali che avevano portato all’approvazione definitiva del Parco commerciale, delegando i finanzieri della Tenenza di Barcellona. E i finanzieri una mattina avevano sequestrato numerosi faldoni al VII Settore edilizia e urbanistica di Palazzo Longano.
La delibera comunale su cui ruota tutta questa vicenda è la numero 59 del 16 novembre 2009. È quella del mega parco commerciale di contrada Siena, a Barcellona, il sogno imprenditoriale da diciotto ettari e decine di milioni di euro della “Di Beca Sas”, l’impresa dell’avvocato barcellonese Rosario Cattafi, che nei mesi scorsi ha subito un sequestro di beni del valore di 7 milioni di euro ed è stato indicato di recente dal pentito ed ex boss dei Mazzarroti Carmelo Bisognano come personaggio di vertice assoluto della famiglia mafiosa barcellonese.
Il sequestro di beni a carico di Cattafi, di cui è in corso il contraddittorio accusa-difesa, è frutto di un’attività congiunta degli investigatori del Gico della Guardia di Finanza e del sostituto della Distrettuale antimafia di Messina Vito Di Giorgio, uno dei magistrati che compongono il desk interforze sui patrimoni illegali creato dal procuratore capo peloritano Guido Lo Forte.
La delibera comunque, almeno formalmente – lo dissero gli stessi magistrati durante la conferenza stampa del sequestro di beni a Cattafi –, ha le carte in regola sul piano amministrativo. I consiglieri comunali presenti e votanti quel giorno a Barcellona furono ventirè, ci fu un solo astenuto, Mario Presti, tutti gli altri si espressero a favore. In aula intervennero prendendo la parola altri due consiglieri, Giuseppe Genovese («… si tratta di un’opera volta alla crescita della città, ma da tecnico evidenzia che le tavole del Prg non sono ancora complete e chiede che vengano completate»), e Orazio Calamuneri («ritiene che l’opera proposta sia importante per la città ma accanto al piano commerciale andrebbe ripensato un progetto di sviluppo per la città perché la struttura economica della città non è solida»).
In premessa il presidente del consiglio comunale Crinò aveva sottolineato che il progetto era «munito dei pareri favorevoli della commissione consiliare competente e degli uffici».