tratto da Vocearancio
Dove vanno i rifiuti? A Milano ogni mattina c’è chi controlla che la raccolta differenziata sia stata fatta correttamente. Per chi sbaglia, multe fino a 450 euro
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Ogni italiano produce 546 chili di immondizia all’anno di cui 141 vengono riciclati.In Italia, dove la raccolta differenziata dal 2000 a oggi è raddoppiata, si recupera in media il 27,5% dei rifiuti (dati Apat). Al Nord la differenziata è arrivata al 42,4% con regioni come Trentino e Veneto che recuperano più della metà dei rifiuti che producono. Roma è ferma al 13%, al Sud si scende all’11,4%.
Milano da anni non getta nemmeno un chilo di materiale in discarica: il 35, 5% viene riciclato, un tasso simile a quello di Vienna e Berlino, le metropoli più virtuose d’Europa, il resto finisce nel termovalorizzatore, producendo energia per la città.
A Milano 28 ispettori dell’Amsa (Azienda Milanese Servizi Ambientali), spalmati su quattro turni, controllano ogni mattina i cassonetti, a campione, per verificare che la differenziata sia fatta perbene. Ogni squadra è formata da due uomini muniti di verbale: 50 euro di multa per chi mescola la carta con la plastica, il vetro con l’alluminio o con l’umido, eccetera. Gli “accertatori” (questo il nome tecnico degli ispettori) puniscono anche chi non rispetta il decoro urbano, ad esempio imbrattando muri e pali con adesivi pubblicitari o lasciando volantini sotto i tergicristalli della auto (206 euro). La multa più salata – 450 euro – tocca a chi viene sorpreso a buttare il sacchetto dell’immondizia nei cestini lungo le strade. Tutti i soldi delle multe finiscono nelle casse comunali. Palazzo Marino non dà dati ufficiali, ma facendo un conto - al ribasso - sono almeno 2 milioni e 800 mila euro per le 55 mila multe del 2008.
I cestini dei rifiuti dove vengono abbandonati i sacchetti dell’immondizia, ribattezzati dagli ispettori dell’Amsa “Cestini fioriti”: «I sacchetti li troviamo così, “fioriti” sulla sommità dei cestini. In questo modo impediscono anche alla gente di utilizzarli perché sotto rimangono praticamente vuoti e danno l’impressione che Amsa non passi a svuotarli» (Daniele Crippa, responsabile del Servizio controllo Amsa di Olgettina).
Gli “accertatori” iniziano a lavorare verso le 5 di mattina, per anticipare i camion che raccolgono la spazzatura. Innanzitutto verificano che i bidoni siano stati messi in strada negli orari giusti (la multa scatta pure per chi li espone prima del dovuto), poi, le mani coperte da guanti di lattice, aprono i cassonetti e verificano che i condomìni controllati abbiano differenziato perbene: se nella plastica trovano, ad esempio, un foglio di carta, scatta la multa. Però molti milanesi, quando si vedono affibbiare la multa, fanno ricorso, sostenendo che, quando i cassonetti sono fuori del palazzo, chiunque può buttarci dentro quello che capita. Daniele Crippa, responsabile del servizio controllo di Olgettina: «Proprio per questo i materiali in superficie non sono ritenuti “prove”. Una lattina in cima al cassonetto del vetro, in effetti, può metterla il primo che passa. Ma se la stessa lattina, a forza di frugare, compare sotto a decine di bottiglie di vetro, la multa è assicurata».
Nel 2007 su 41.474 multe ne sono state annullate, dopo i ricorsi dei milanesi, 68. Nel 2008, su 55.551, 39.
Dopo aver controllato i cassonetti, gli ispettori passano ai sacchi neri, quelli dove si buttano scarti alimentari e roba non riciclabile: siccome capita spesso che la gente nei sacchi neri metta pure il vetro – che invece va nell’apposito cassonetto – gli ispettori per prima cosa danno un calcio al sacco: se sentono rumore di cocci, lo aprono con un taglierino, verificano il contenuto, e poi cercano le prove: buste, bollette, giornali in abbonamento, che portano impressi nomi e cognomi e dunque dimostrano che «l’irregolare scaricatore di rifiuti» abita proprio nel condominio controllato. Motivo: «Se non raccogliessimo le prove, qualcuno potrebbe dire che quel sacco sotto al palazzo l’ha lasciato chissà chi» (Daniele Crippa). Infine fotografano la prova (al collo hanno sempre una macchinetta digitale) e compilano il verbale da consegnare all’amministratore.
«Cerchiamo di coprire tutte le strade almeno una volta al mese. In media riusciamo a controllare 350 cassonetti al giorno, oltre cento palazzi» (Gianluca Bellodi, responsabile Progettazione e controllo dell’Amsa).
Quali sono gli errori più comuni dei milanesi nella raccolta differenziata? «La maggior parte delle multe le diamo quando la carta e il vetro vengono messi nei contenitori all’interno di sacchetti di plastica. Spesso si raccolgono così e poi ci si dimentica di versare il contenuto e buttare la busta in un altro bidone. Anche il tetrapak viene unito erroneamente alla plastica mentre, nel vetro, troviamo oggetti che non andrebbero buttati lì: dalle luci al neon ai piatti di ceramica rotti» (Daniele Crippa, responsabile del servizio controllo di Olgettina).
In genere la contravvenzione va all’intero condominio, ma se gli ispettori beccano qualcuno sul fatto, multano il singolo cittadino.
In Inghilterra, dove le municipalizzate locali hanno inventato la figura dei “delatori del pattume”, si premiano i cittadini che denunciano i vicini rei di aver gettato vetro nella plastica o carta nel metallo.
«Anche da noi ci sono le signore anziane che provano a indicare i presunti colpevoli: “È quello del terzo piano… Perché non la dà a lui la multa invece che a tutto il condominio?”. A Milano, però, le cose non funzionano come a Londra, dove le multe peraltro sono molto più salate: si arriva a un massimo di 2.500 sterline» (Gianluca Bellodi, responsabile Progettazione e controllo dell’Amsa).
Visto che ci la differenziata comporta la presenza di tanti contenitori (cassonetti verdi, gialli e bianchi, sacchi neri e gialli), a volte il cittadino non ha idea di dove gettare un determinato rifiuto. Ad esempio pochi sanno che il tetrapak, una volta lavato, va messo nel cassonetto bianco della carta e non nel sacco nero dell’umido. Per questo l’Amsa ha creato il sito internet dovelobutto.net, tutto dedicato alla differenziata, che spiega cosa buttare e cosa non buttare nei singoli contenitori. Sul sito c’è pure un cartone animato che mostra cosa diventano gli oggetti riciclati: un contenitore per il detersivo si trasforma in sedia; una lattina d’alluminio in caffettiera; un giornale in quaderno; un bicchiere in bottiglia.
Frugare nei cassonetti è anche un buon sistema per capire le abitudini della gente: «Con la crisi il gettito dei rifiuti, nei primi cinque mesi del 2009, è calato del 7 per cento. E poi nella spazzatura ci sono meno confezioni, perché i cittadini, per risparmiare qualcosa, disertano i super e fanno la spesa al mercatino rionale. Inoltre troviamo sempre meno cartone: qualcuno ci precede e se lo rivende per conto suo» (Gianluca Bellodi, responsabile Progettazione e controllo dell’Amsa).
Materiali raccolti a Milano dall’Amsa, nel 2008, grazie alla differenziata: 64 mila tonnellate di vetro, cedute al CoReVe (Consorzio recupero vetro) per 30,99 euro a tonnellata; 75 mila tonnellate di carta e 18,6 mila di cartone cedute a Comieco (Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica) rispettivamente a 25,77 e 88,06 euro a tonnellata; 29,6 mila tonnellate di multimateriale (plastica e alluminio), ceduti per il 70% al Corepla (Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica) a 270,46 euro a tonnellata, per il 2% a Cial (Consorzio imballaggi alluminio) a 411.28 euro a tonnellata e per l’8% al Cna (Consorzio nazionale acciaio) a 80,47 euro a tonnellata.
Il vetro raccolto a Milano viene portato nell’impianto di trattamento Amsa di Muggiano dove i camion dell’azienda scaricano i cocci all’interno dell’impianto. Appositi mezzi posizionano il materiale vetroso sui 200 metri di nastro di “depurazione”, dove gigantesche elettrocalamite separano il metallo finito per errore nel mucchio. Poi c’è una doppia selezione manuale per togliere carta e plastica, una scrematura sui setacci meccanici e, infine, il passaggio nelle macchine ottiche per eliminare ceramica e pirex. In pochi muniti un bocchettone scarica alla fine del nastro i rottami di vetro pulito, pronti per ricompattarsi nei forni delle vetrerie.
Una bottiglia su due di quelle in vendita sugli scaffali dei supermercati è di “seconda mano”.
L’Italia è tra i leader mondiali nel recupero di carta e cartone: ne ricicliamo 3 milioni di tonnellate l’anno, pari a oltre 50 chili per abitante. In altre parole, il 75% di giornali, brochure, lettere, riviste e fogli che entrano sul mercato ogni anno sfuggono alla discarica per rinascere a nuova vita (dati Comieco).
Per quantitativi di raccolta, il primato spetta al Nord che, con 1.757.000 tonnellate (+5% rispetto al 2007), è al primo gradino del podio seguito dal Centro con 681.000 tonnellate (+7%). Il Sud, con 500.000 tonnellate, ha registrato l’incremento percentuale maggiore (+16% rispetto al 2007) (dati Comieco).
A resuscitare la carta gettata negli appositi cassonetti ci pensa il consorzio Comieco, che la depura a macchina da plastica e puntine di ferro, la libera dall’inchiostro con i solventi e poi la immerge in enormi vasconi d’acqua dove lo il “pulper” o “spappolatore” – marchingegno formato da due gigantesche pale rotanti - la riduce a una pasta di microfibre destinata ad andare dritta in cartiera.
Acciaio e alluminio, come il vetro, sono riutilizzabili praticamente in eterno e il 50% della produzione mondiale (il 60% in Italia) è garantito proprio da prodotto risorto dall’immondizia. Il vantaggio energetico è del 95% per l’alluminio e del 65% per l’acciaio. «Come se dalle strade d’Europa sparissero di colpo due milioni di vetture (e le loro emissioni di anidride carbonica) che percorrono 15mila chilometri l’anno» (Ettore Livini su Repubblica). Il recupero, tra l’altro, ha pochi problemi tecnici: si separa il materiale con le elettrocalamite o le “correnti indotte”, e si manda in forno. Da lattine e tondini rinascono così caffettiere, serramenti, acciaio per l’auto e per l’edilizia.
Il materiale più scomodo da riciclare è la plastica, perché, per poterla riutilizzare, va sottoposta a trattamenti più costosi: vanno separati i singoli polimeri e solo allora si può lavorarli. Non a caso solo il 30% di quella immessa sul mercato ogni anno riesce a sfuggire a discariche e termovalorizzatori. Quella riciclata, però, si ricompone in mille oggetti: molte delle sedie dei nostri uffici sono fatte per lo più di vecchi tappi di plastica; i pile - come molti indumenti sintetici – derivano da bottiglie d’acqua minerale; i flaconi di detersivo si trasformano in isolanti per l’edilizia; gli stopper (i classici sacchetti del supermercato) in sacconi dell’immondizia.
Barcellona e Goteborg hanno già varato esperimenti di raccolta differenziata di rifiuti pneumatica. In pratica i cassonetti sotto casa scaricano direttamente in una rete di tubature sotterranee che trasportano carta, vetro, metallo eccetera in mega-piattaforme centralizzate. Lo stesso esperimento sta per partire a Milano nel quartiere CityLife: «In questo modo elimineremo l’inquinamento e i disagi al traffico della raccolta porta a porta» (il presidente dell’Amsa Sergio Galimberti).
Altro esperimento avviato a Milano, la raccolta differenziata dell’umido: cibo, essenzialmente, ma anche fogliame del giardino o terriccio dei vasi. Finora le famiglie coinvolte, nei quartieri Accursio, San Siro, Bovisa, sono quindicimila, tutte alle prese con l’incombenza quotidiana di riempire un sacchetto in più, di colore verde. Scopo del progetto: trasformare i rifiuti organici – grazie a un moderno impianto di «digestione anaerobica» sul modello di quelli già attivi a Monaco di Baviera o Bruxelles – in energia: bio-masse, bio-gas, metano. «Se tutti i rifiuti organici fossero trattati attraverso questo tipo d’impianti si potrebbe rinunciare al 10% delle nostre importazioni di metano» (Sergio Galimberti).
A Milano la raccolta dell’umido fu avviata già a metà degli anni ‘90. La novità, allora, fu bocciata senza pietà: il compost era inutilizzabile e le puzze di Muggiano, dove stava l’impianto, insopportabili. «Visto che oggi la coscienza ambientale dei cittadini è migliorata ci stiamo riprovando. Tra qualche mese faremo un bilancio, dopo aver analizzato anche le caratteristiche merceologiche della nuova raccolta, e vedremo se andare avanti. Una cosa è certa: la digestione anaerobica è inodore» (Sergio Galimberti).
«La Comunità europea vorrebbe che la raccolta differenziata arrivasse al 65 per cento: oltre che utopica, questa cifra è troppo onerosa. Perché la raccolta differenziata costa 125 euro a tonnellata, a cui vanno aggiunti i contributi ai consorzi che riciclano. E non sempre il riciclato serve. Ad esempio della plastica raccolta con la differenziata almeno il 40 per cento finisce in discarica perché è incompatibile col riciclo. In Svizzera l’hanno capito da tempo, e per questo raccolgono solo il pet, cioè le bottiglie. Inoltre siamo in un momento di crisi economica in cui la carta vale zero, e non ha mercato: i consorzi fanno fatica a trovare chi la acquista. Persino per la plastica le aste vanno praticamente deserte. Stessa cosa vale per il legno che ricaviamo dai cosiddetti rifiuti ingombranti. E così ci troviamo in una situazione paradossale: della legna raccolta con la differenziata non sappiamo che farcene, mentre potremmo utilizzarlo per alimentare una linea del termovalorizzatore di Brescia che produce energia elettrica e funziona solo a biomassa. E invece la biomassa siamo costretti a comprarla sul mercato». Però c’è chi dice che i termovalorizzatori inquinano… «Persino un luminare come Umberto Veronesi ha spiegato che non rappresentano un problema per la salute. Perciò dobbiamo sfatare il mito della differenziata, valorizzando invece una gestione integrata dei rifiuti. E cercare di ridurre la spazzatura alla fonte, magari cominciando ad alleggerire gli spropositati imballaggi di computer e telefonini» (Sergio Galimberti).