A conclusione di complessi accertamenti condotti dai militari della Guardia Costiera di Gela e del Nucleo Speciale d’Intervento del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto di Roma sugli interventi di bonifica della “Vasca A zona 2”, meglio nota agli addetti ai lavori della Raffineria di Gela come “Buco Nero”, la Procura della Repubblica di Gela, che ha diretto e coordinato le indagini, ha emesso avvisi di conclusione indagini contestando diverse fattispecie di reato.
La Vasca A zona 2, costituita da una fossa lunga 90 metri, larga 70 metri e profonda 8,5 metri, estesa per circa 6300 metri quadrati e con volume di circa 53.000 metri cubi, è situata nell’area della vecchia discarica all’estremità orientale del complesso del petrolchimico Eni.
La vasca è stata realizzata in terra e priva, sul fondo e sui lati, di impermeabilizzazione naturale o artificiale utile al confinamento dei rifiuti tossico-nocivi contenuti al suo interno. Nella vasca sono state progressivamente accumulate migliaia di tonnellate di rifiuti oleosi e solidi di vario tipo, prodotti nei primi 25 anni di attività del petrolchimico gelese.
L’area della Vasca A Zona 2 è stato oggetto di un decreto autorizzativo del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con il quale, nel dicembre 2004, veniva approvato il progetto di bonifica e messa in sicurezza del sito inquinato presentato dalla Raffineria di Gela S.p.A.. Il completamento dei lavori, che prevedevano il trattamento in situ dei rifiuti contenuti all’interno del buco nero e dei terreni contaminati, era previsto in quattro anni (termine nel 2009) e doveva vedere l’utilizzo di tecnologie e soluzioni ingegneristiche d’avanguardia.
Tali soluzioni si sono rilevate in gran parte inidonee per la specifica tipologia di rifiuto, e le attività di bonifica, sono risultate, sin dall’inizio degli accertamenti, in grave ritardo rispetto al cronoprogramma approvato. Nel corso delle indagini la vasca è stata infine svuotata e sono state avanzate richieste di variante per la bonifica del terreno contaminato.
Le indagini e gli accertamenti tecnici hanno evidenziato che i rifiuti contenuti all’interno della Vasca A Zona 2, risultati dalle analisi di laboratorio altamente tossico-nocivi, contaminavano in maniera perdurante il terreno sottostante raggiungendo la falda acquifera e quindi il mare e che il sistema di confinamento dei processi di inquinamento costituiti della barriera idraulica (pozzi di emungimento) e fisica (barriera bentonitica) erano in parte inefficienti e non garantivano risultati effettivi e completi.
E’ stato accertato anche il superamento, nelle acque di falda e nei terreni, delle concentrazioni soglie di rischio (CSR) calcolati per la salute delle persone (lavoratori) e la protezione dell’ambiente (aree boschive e risorsa idrica).
Infine si è riscontrato che importanti attività ed in particolare l’estrazione del rifiuto dalla vasca ed il trasferimento in altri siti per lo smaltimento erano stati effettuati in modo difforme rispetto a quanto progettato dalla stessa Raffineria di Gela ed autorizzato dal Ministero.
Le ipotesi di reato vedono coinvolte diverse persone operanti, in sostanziale sinergia trasversale, nell’ambito di strutture e di soggetti giuridici distinti ovvero Raffineria di Gela Spa, Eni Spa Refining & Marketing, Saipem Spa, EniTecnologie Spa, ma facenti tutti capo, con perfetto coordinamento, al Gruppo Eni.
I reati contestati sono i seguenti:
1 - Inquinamento delle matrici ambientali per processi di contaminazione perduranti e continui da rifiuti pericolosi (tossico-nocivi) con superamento delle concentrazioni soglie di rischio (CSR) per la salute delle persone e la protezione dell’ambiente derivante dal ritardo nella bonifica dell’area della Vasca A zona 2 (art. 257 D.L.vo 152/2006 Codice dell’ambiente)
2 - Raccolta, trasporto e smaltimento di circa 7.700 tonnellate di rifiuti pericolosi classificati H7 e H14 (tossico-nocivo), estratti direttamente dalla vasca A zona 2 mediante l’utilizzo di mezzi meccanici e trasportati in varie discariche, in difformità rispetto al progetto di bonifica approvato dall’Autorità competente (art. 256 D.L.vo 152/2006 codice dell’ambiente)
3 - Danneggiamento aggravato (art. 635 codice penale) dell’area boschiva di interesse comunitario e di protezione speciale, SIC (ITA-050001 - Biviere-Macconi di Gela) e ZPS (ITA-050012 - Piana di Gela), limitrofa e confinante a sud dell’area della Vasca A Zona 2, dell’arenile sabbioso con area dunale compreso tra l’area boschiva e lo specchio di mare antistante e dell’ambiente e delle acque marine antistanti;
4 - Omissione di cautele (art. 437 c.p.) a protezione dei lavoratori contro i vari rischi quali quelli da atmosfera contaminata, da contatto con sostanze nocive, da instabilità degli scavi, da cadute accidentali, incendio ed esplosione etc.
Tali fatti sono stati a vario titolo contestati, con la notifica dell’avviso di conclusione indagini, a:
• Giuseppe RICCI - ex Amministratore Delegato della Raffineria di Gela S.p.A.;
• Battista GROSSO – ex Amministratore Delegato della Raffineria di Gela S.p.A.;
• Rosario ORLANDO - Responsabile S.O.I. 5 e dell’area delle discariche della Raffineria di Gela S.p.A;
• Felicia MASSETTI - all’epoca dei fatti dipendente di Enitecnologie S.p.A. - Centro Ricerche di Monterotondo (Roma), Responsabile della linea sviluppo processi biologici, ambientali e progettista del progetto definitivo di bonifica della vasca A zona 2.
• Savio GREGANTI all’epoca dei fatti dipendente della SnamProgetti S.p.A. (gruppo SAIPEM) di San Donato Milanese (MI), Responsabile realizzazione lavori e servizi di Project Management per la bonifica della vasca A zona 2;
• Carlo TORNETTA – pensionato - all’epoca dei fatti, dipendente della Raffineria di Gela S.p.A. – SERTEC MMI, con mansioni di responsabile contratti;
• Raffaele LA TORRE - Dipendente della Raffineria di Gela S.p.A..
(fonte: Comando Guardia Costiera – Capitaneria di Gela)