lunedì 30 maggio 2011

Il cemento della mafia nella metro di Palermo In un pizzino i segreti dei boss, blitz della Dia

Le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia hanno scoperto che alcune imprese legate a Cosa nostra avrebbero gestito le forniture per realizzare l’opera pubblica più grande del capoluogo siciliano. In un biglietto trovato nel covo di Bernardo Provenzano, scritto da Salvatore Lo Piccolo, era segnato il nome dell'imprenditore che aveva organizzato l’ultimo affare delle cosche: Andrea Impastato. Questa mattina è stato arrestato

di SALVO PALAZZOLO
 
“Zio, la informo che siccome in breve dovrebbe iniziare la metropolitana volevo chiedere se le interessa qualche calcestruzzi da fare lavorare”. Così Salvatore Lo Piccolo, il padrino più potente della città, scriveva a Bernardo Provenzano, il capo di Cosa nostra. Quella volta, non furono utilizzati né numeri, né codici per parlare dell’appalto più importante che stava per essere avviato a Palermo: “Se c’è qualche calcestruzzi che le interessa - annotò Lo Piccolo - me lo faccia sapere che la inserisco nel consorziato che sto facendo con Andrea Impastato”. Quel biglietto fu trovato a Corleone, nel covo di Provenzano, al momento del suo arresto. Era l’11 aprile 2006. Da allora, la Procura di Palermo tiene sotto controllo il grande appalto per il raddoppio del passante ferroviario, un’opera da 623 milioni di euro, assegnata da Rete ferroviaria italiana spa.






Questa mattina, il centro operativo Dia di Palermo ha arrestato l’imprenditore Andrea Impastato, 63 anni, originario di Cinisi ma residente a Montelepre (Palermo). E’ lui l’uomo indicato nel pizzino di Lo Piccolo: è accusato di aver organizzato e gestito un consorzio di aziende mafiose che in questi anni avrebbe rifornito di cemento e altro materiale l’appalto per la metro.
Impastato forniva il calcestruzzo. Un’altra ditta, legata al boss Tommaso Cannella, si sarebbe occupata delle trivellazioni. Una terza azienda, gestita da un imprenditore catanese arrestato per mafia nel 2005, aveva ottenuto in affidamento i lavori edili di un intero lotto della metropolitana, quello del tratto Cardillo-Carini. Questo dicono le indagini, che sono state coordinate dai sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Gaetano Paci e Francesco Del Bene nonché dall’aggiunto Antonio Ingroia.
Qualche anno fa, anche la prefettura di Palermo aveva segnalato possibili infiltrazioni di mafia nell’opera pubblica più grande del capoluogo siciliano. Ma i boss sarebbero corsi subito ai ripari. La Dia ha scoperto che l’organizzazione mafiosa era riuscita a mantenere i propri affari cambiando in corsa i nomi delle società e i prestanome. E’ il punto più delicato dell’indagine, che è ancora in corso: dalle intercettazioni sarebbero emersi contatti e frequentazioni fra i manager mafiosi e alcuni funzionari del consorzio che gestisce l’opera.
Di certo, alla vigilia dell’appalto da realizzare a Palermo ci sarebbero state grandi manovre all’interno della mafia siciliana. Anche questo dicono le indagini del centro operativo Dia del capoluogo siciliano, che è diretto dal colonnello Giuseppe D’Agata.  In un primo tempo, i boss palermitani avevano imposto uno stop alle cosche catanesi. Poi, sarebbe intervenuta la mediazione di alcuni capimafia vicini a Provenzano, per consentire ai catanesi una partecipazione ai lavori nella zona di Bagheria e Villabate, da dove è iniziato l’appalto.
La Dia ha scoperto questo e altri retroscena intercettando alcuni imprenditori legati a Cosa nostra. Prima ancora del ritrovamento del pizzino nel covo di Provenzano, erano state ascoltate in diretta le trattative per l’ingresso a Palermo delle imprese mafiose di Catania.

L’appalto
A gestire il raddoppio del passante ferroviario di Palermo è l’associazione temporanea di imprese composta da “S.i.s. spa”, “Sintagma spa” di Perugia e “Geodata srl” di Torino. La capofila è un consorzio stabile di imprese in cui figurano il colosso spagnolo “Sacyr”, la “Inc general contractor spa” e la “Sipal spa” con sede a Torino. I lavori sono iniziati ufficialmente il 22 febbraio 2008. Ma già nel 2006, la Sis aveva iniziato a sistemare i cantieri nelle zone di Brancaccio e di Isola delle femmine. E proprio in quell’occasione sarebbero state effettuate le prime forniture da parte di aziende legate a Cosa nostra: è quanto emerge dalle indagini.

L’imprenditore arrestato
Nell’ottobre 2002, Andrea Impastato era già finito in manette. Ironia della sorte, per un altro biglietto, questa volta elettronico: il suo nome era in un file trovato dentro un floppy disk, che fu sequestrato a casa di Pino Lipari, il consulente economico di Bernardo Provenzano. Lipari aveva provato a cancellarlo quel file, ma era rimasta una traccia, che non sfuggì al consulente informatico della Procura, Gioacchino Genchi.

Il file conteneva una lettera scritta da Lipari a Provenzano, per fare il punto su affari e investimenti. In primo grado non bastò per la condanna di Impastato, che i giudici decisero invece in appello, a quattro anni. Nel 2008, il tribunale Misure di prevenzione di Palermo ha sequestrato a Impastato società e beni per 150 milioni di euro.
Evidentemente, questo curriculum non aveva insospettito i titolari dell’appalto per la metropolitana di Palermo, che avrebbero continuato a rifornirsi da Impastato e dai suoi fidati collaboratori. 

Fonte: Repubblica.it