giovedì 8 dicembre 2011

MESSINA: Sequestrate le costruzioni sul torrente Trapani. Nove indagati per omissione e falso ideologico.


«Gravi violazioni della normativa edilizia ed ambientale, che derivano da un dissennato uso del territorio in una zona ad alto rischio idrogeologico». Questi i motivi per cui tutte le opere realizzate ed in corso di realizzazione sul torrente Trapani alto sono, da ieri, sottoposte a sequestro preventivo da parte della Procura. Tutte o quasi: sono “salve”, in quanto già abitate, le sei palazzine già realizzate nel primo lotto funzionale dell’ormai famosa “Residenza”. Per il resto il gip Daria Orlando ha disposto il sequestro delle opere di urbanizzazione realizzate o in fase di realizzazione in virtù della concessione edilizia rilasciata il 15 luglio 2004 e del cantiere relativo ai 96 alloggi del secondo lotto funzionale frutto della concessione edilizia rilasciata il 9 aprile 2009 alle ditte Pett srl e Se.Gi. srl. Un vero e proprio terremoto, giudiziario e non naturale, sulla collina del torrente Trapani già finita, in passato, nel mirino della Procura e di cui proprio ieri, per coincidenza, si è parlato nel corso della commissione consiliare di Palazzo Zanca. Oltre al sequestro dell’area, infatti, sono nove le persone indagate per reati che vanno dal concorso mediante omissione in interventi edilizi non consentiti in zone sottoposte a vincolo ambientale alla falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. 

Si tratta di Francesco Rando, dirigente del dipartimento “Attività edilizie e repressione abusivismo” del Comune, Giuseppe Pettina, rappresentante legale della Pett srl, Silvana Nastasi e Oscar Cassiano, rappresentanti legali in periodi diversi della Se.Gi. srl, Franco Lo Presti, rappresentante legale dal febbraio scorso della Residenza Immobiliare delle imprese Coc e Costa srl (in passato era Vincenzo Gravina, deceduto), Nicola Biagio Grasso, rappresentante legale della Carmel srl (subentrata alla Se.Gi. srl), Francesco Gerbasi, Grazia De Luca e Saverio Tignino nella qualità di componenti della commissione per la verifica della Valutazione di incidenza al tempo del rilascio del relativo parere. Il gip Orlando, nel decreto di sequestro, parla senza mezzi termini di «concessioni edilizie illegittime», di violazioni «macroscopiche» dello strumento urbanistico vigente, di «opere edilizie abusive». L’origine delle indagini è da rintracciare in alcuni esposti presentati in Procura dal Wwf nel 2009, a seguito dei quali venivano disposti degli accertamenti nella zona del torrente Trapani alto. Dagli accertamenti, svolti da polizia municipale, Genio civile e Vigili del fuoco, emergeva la mancata realizzazione di opere di stabilizzazione del versante e di opere di contenimento e di urbanizzazione primaria. Non a caso il 27 aprile 2010 il Comune disponeva la sospensione della concessione edilizia (poi revocata esattamente un anno dopo ma “bloccata” dal Genio civile). 
Il 18 novembre 2010 la Procura conferiva incarico di consulenza tecnica ai professori Paolo La Greca, Francesco Martinico e Carmelo Monaco, i quali il 25 maggio scorso depositavano una relazione “esplosiva”. «Il programma costruttivo – scrivevano i consulenti – è estremamente carente dal punto di vista delle scelte progettuali. Appare evidente che le condizioni estremamente sfavorevoli all’edificazione del sito si sono riflesse in una serie di comportamenti tecnico-amministrativi che, forzando oltre i limiti consentiti l’interpretazione delle norme, hanno costituito un improprio correttivo ai macroscopici errori localizzativi di uno strumento urbanistico che ha reso edificabile un sito inadeguato». E se il Piano regolatore rimandava al successivo piano attuativo eventuali modifiche correttive, queste hanno «invece aggravato le carenze delle scelte urbanistiche originarie». Il “peccato originale” del programma costruttivo del torrente Trapani, dunque, starebbe nell’errata convinzione che l’area non fosse sottoposta a vincolo idrogeologico. Equivoco che nacque, addirittura, nel marzo 2001, quando la ditta Costa Costruzioni chiese all’ispettorato ripartimentale Foreste l’autorizzazione per l’esecuzione di sondaggi e carotaggi. L’Ispettorato in un primo momento (2 aprile 2001) rispose che l’area non era sottoposta a vincolo idrogeologico, poi con una successiva nota (8 maggio 2001) corresse il tiro, affermando che «la zona ricade nella VI zona dei terreni vincolati per scopi idrogeologici» e autorizzando, pur con delle condizioni, i sondaggi e i carotaggi. Il problema nasce dal fatto che in tutti gli atti successivi relativi al programma costruttivo, compreso il decreto di approvazione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, viene citata solo la prima nota dell’Ispettorato. 
Eccola la «macroscopica illegittimità» che secondo la Procura rende «irrimediabilmente viziato» l’atto originario di approvazione del programma costruttivo e, di conseguenza, tutti gli atti amministrativi successivi. A questo va aggiunta la mancata valutazione del vincolo ambientale di un’area inserita all’interno delle Zps (Zone a protezione speciale), «norma del tutto ignorata», con in più «il falso ideologico nel rilascio del parere da parte della commissione per la valutazione di incidenza ambientale» nella parte in cui si afferma che «non sono previsti sbancamenti significativi». E ancora: nonostante il progetto delle opere di urbanizzazione rappresentasse una vera e propria variante al programma costruttivo, non è stato considerato come tale; il cronoprogramma, secondo il gip, sarebbe illegittimo tanto da rendere illegittima la concessione edilizia; l’articolo 2 delle Norme tecniche d’attuazione del Prg non sarebbe stato rispettato perché le opere di urbanizzazione appaiono «assolutamente inidonee», sia per la mancanza di aree a verde che per l’assenza di una rete viaria adeguata. In sintesi, per la Procura, «reato di costruzione abusiva». SEBASTIANO CASPANELLO - GDS

Contrada Scoppo e viale Boccetta: quadro preoccupante
Un’interrogazione «sulla situazione di pericolo in contrada Scoppo» del consigliere comunale Nicola Cucinotta, riapre con urgenza una questione più ampia, che interessa anche la parte coperta del torrente Boccetta. L’esponente del Pd ha indirizzato una nota al sindaco, al Genio Civile, all’Ato 3. Premette: «Proprio a seguito delle piogge degli ultimi mesi nella zona a monte del viale Boccetta, si è venuta a creare una situazione di rischio per la pubblica incolumità. Le acque piovane hanno trascinato verso valle una grande quantità di terra e massi, anche all’interno di alcune abitazioni di contrada Scoppo. Tutta questa massa di detriti, unitamente a suppellettili, si è fermata in una zona di fitta vegetazione, creando una sorta di “tappo” che in atto trattiene l’acqua e il materiale». L’appello: «Ancora oggi, a un anno dall’ultimo smottamento, 5 famiglie vivono disagi a causa di una frana che ha ostruito la strada, su cui nessun intervento di messa in sicurezza è stato effettuato». Cucinotta richiede, dunque, «un urgente intervento di bonifica: necessario rendere percorribile al transito veicolare la strada, onde garantire la sicurezza e l’incolumità degli abitanti di Scoppo». Ma bisogna allargare il quadro, e vedere quanto dall’aprile del 2010 è stato messo nero su bianco dal Genio Civile, in una relazione complessiva sull’intero torrente Scoppo-Boccetta inviata al sindaco e ai Vigili del fuoco. Preliminarmente, vi si legge che «la tipologia delle travi dell’impalcato è variabile lungo tutta l’asta torrentizia, passando da un sistema tradizionale con l’utilizzo di cemento armato con barre lisce in acciaio, gettato in opera, a quello con barre in acciaio ad aderenza migliorata, per finire a quello prefabbricato in cemento armato precompresso, con tecniche differenziate nel tempo, più recenti man mano che ci si allontana dalla zona della foce». Ecco i primi dati preoccupanti: «Molte travi che sorreggono l’impalcato presentano evidenti segni di corrosione delle armature con mancanza più o meno accentuata di copri ferro, dovuta – scrive l’ingegnere capo Gaetano Sciacca – all’espulsione del calcestruzzo nella zona tesa. E il fenomeno erosivo è risultato particolarmente presente nel tratto dell’impalcato prossimo alla foce del torrente». In particolare: «Sono stati riscontrati, in corrispondenza dei giunti d’impalcato, forti ammaloramenti delle travi perimetrali per la presenza di percolamento di acqua piovana dai giunti d’impalcato non adeguatamente sigillati, fenomeno poi riscontrato da un’ispezione in superficie sul piano viario». E ancora: «Alcune condutture, con diametro anche considerevole, risultano posizionate molto al di sotto dell’impalcato, a circa 2-3 metri di altezza dal letto, in zona particolarmente esposta a rischio poiché in caso di piena potrebbero rompersi e causare ostruzione al deflusso delle acque, con rischi di rigonfiamento, rottura ed espulsione dell’impalcato soprastante». Situazione delicata anche nella parte a monte, quella, appunto, al centro dell’interrogazione di Cucinotta: «In contrada Scoppo, alla fine della tombinatura del torrente è stata riscontrata la presenza di una sezione ridotta del canale di imboccatura e di una grata metallica, posta a copertura della vasca di calma, che in caso di piena potrebbe causare ostacolo al deflusso delle acque». Ma c’è di peggio: «Sempre in contrada Scoppo è stata rilevata la presenza di alcuni fabbricati che sembrano posizionati sul letto naturale del torrente, che risulta ristretto e deviato nella sua naturale traiettoria. In caso di piena, pertanto, questi fabbricati sarebbero esposti a forte rischio di inondazione: possibili crolli di parte murarie degli stessi potrebbero ostruire l’imboccatura del torrente e tutta l’acqua, e detriti trasportati dal torrente, non potrebbero che riversarsi sul viale Boccetta con pregiudizio sulla viabilità e rischi di allagamento dei fabbricati». Cosa c’è da fare, punto per punto: «Prelievi delle armature e del calcestruzzo, da sottoporre a prove di laboratorio; prove di carico sulle strutture; lavori di straordinaria manutenzione alle strutture dell’impalcato; ricollocamento delle condutture che attraversano trasversalmente il torrente a ridosso dell’intradosso dell’impalcato; allargamento della sezione del canale all’imboccatura del torrente a Scoppo; verifica della regolarità dei manufatti ricadenti nell’alveo: evacuazione delle persone che vi abitano, e attivazione delle procedure per la demolizione dei manufatti; regimentazione dell’alveo a Scoppo; la pulizia del tratto fociale». ALESSANDRO TUMINO - GDS
IL COMMENTO: Il simbolo di una città devastata da mattone e cemento
Concessioni illegittime, opere edilizie abusive, gravi violazioni della normativa ambientale, dissennato uso del territorio, interventi non consentiti in zona a vincolo idrogeologico, mancato rispetto delle prescrizioni contenute nelle Norme di attuazione del Piano regolatore generale. È una sfilza di accuse pesantissime, quelle mosse dalla Procura della Repubblica riguardo alle vicende edilizie che hanno avuto per oggetto la collina sul torrente Trapani. Dire “noi l’avevamo detto e scritto” serve a poco, solo a farci stare con la coscienza a posto. Questo giornale ha denunciato un milione di volte l’obbrobrio perpetrato sui versanti collinari della nostra città e il Trapani è uno degli esempi più eclatanti. Un’intera montagna sventrata, aree che un tempo erano destinate a verde agricolo, trasformate in zone edificabili, un numero spropositato di alloggi previsti sulla scorta di un incremento demografico che non si è mai avverato negli ultimi due decenni (anzi, è avvenuto l’esatto contrario, con la popolazione messinese scesa sotto la soglia dei 250 mila abitanti). Lo abbiamo scritto prima, durante e dopo la redazione, l’adozione e l’approvazione del Piano regolatore generale. Lo abbiamo testimoniato, con articoli e foto, negli anni successivi, durante la realizzazione dei primi insediamenti avviati senza le indispensabili opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Poi, sono arrivati gli esposti delle associazioni ambientaliste, l’intervento del Genio civile, i provvedimenti adottati dall’amministrazione comunale. Questa è una vicenda simbolo per una serie di ragioni. Tutto era in regola, apparentemente, perché ogni pedina sembrava essere stata mossa al momento giusto su una scacchiera gestita da più mani, e quando si è capita la portata di scelte così devastanti, era già “scacco al re”. Insomma, troppo tardi, perché il danno è già stato fatto e le conseguenze sono lì sotto gli occhi di tutti (a pagarle soprattutto le famiglie che hanno acquistato la casa pensando di realizzare il sogno della propria vita). Lassù non si doveva costruire e, se proprio non c’era altra soluzione, non si sarebbe mai dovuto attuare un intervento così invasivo, in spregio a qualsiasi regola che dovrebbe sovrintendere a uno sviluppo urbanistico ordinato e armonico. Non è un caso isolato, lo sappiamo tutti. C’è una città che è sfuggita a quelle regole, anzi attraverso la distorsione di norme e regolamenti («tutto a posto, lo prevede il Prg…»), è cresciuta in modo abnorme e selvaggio. E quel che è più grave, ciò è accaduto proprio nel periodo in cui si sono toccati con mano gli effetti più disastrosi del dissesto del territorio. Da un lato le case sul torrente Trapani, o appoggiate alla collina sul liceo Archimede, o incombenti sulla chiesa di Grotte, o disseminate lungo le piste sabbiose della Panoramica, o spuntate come funghi sui terreni ex verdi di Faro Superiore; dall’altro, Giampilieri, Altolia, Molino, Mili, Gesso, Salice, Pezzolo, Briga e tutti gli altri luoghi delle alluvioni e delle frane. Una città “schizofrenica”, è quella che stiamo lasciando alle nuove generazioni di messinesi. LUCIO D’AMICO - GDS