Il video della Polizia sull'Operazione
In aumento le gare clandestine
F. LA LICATA, G. RUOTOLO (La Stampa)
Non è ancora l’alba, quando due «sbirri» palermitani dell’Ufficio di prevenzione generale incrociano un «Liberty» con due ragazzotti a bordo, uno dei quali traina un cavallo. Il luogo è famoso per due specialità: una rinomata rosticceria, il bar «Massaro» con le sue fumanti arancine, e la pista dove frequentemente si svolgono le corse clandestine.
Non è un pezzo di letteratura, questo che raccontiamo. E’ cronaca avvenuta appena un mese fa. E il cavallo trainato con il «Liberty», non andava a pascolare. Dove andava si saprà poco dopo quando nella centralissima via Ernesto Basile ha inizio la gara. Erano in due gli sfidanti e nessuna staccionata a difenderli. Sette minuti per arrivare al traguardo (dalle 6,38 alle 6,45) e un muro di 36 scuteroni che sembravano cavallette a proteggerli dalle intrusioni non gradite, polizia e macchine. Eh sì, perché quella pista, via Basile, non è una landa desolata ma la più importante arteria di collegamento tra il centro e la via per uscire dalla città.
Bella gatta da pelare, questa delle corse clandestine di cavalli. Una malattia contagiosa, irrinunciabile tanto che ormai è un continuo posti di bloco alla ricerca del calesse infame. Il giorno 7 settembre, tocca a «Everset Bip», un baio che mai avrebbe immaginato nella sua cristallina carriera di trottatore di essere identificato da due poliziotti. Lo stesso giorno finisce nella rete il giovane fantino Vincenzo Tranchina perché il suo cavallo porta i segni, il sudore e la schiuma, di una gara appena conclusa. A domanda, il fantino garantisce per sé ma non può esibire i documenti di identità della bestia. Che si ritrova così sequestrata e costretta a una villeggiatura «militare», insomma agli arresti domiciliari nelle scuderie della polizia. Secondo i carabinieri, interessa una vasta platea di delinquenti comuni, di mafiosetti ma anche di malati, appassionati che non riescono a sfondare nel mondo della ippica ufficiale.
Solo a Palermo, ci sarebbero una quarantina di driver fai-da-te. E poi i supporter, le vedette, i volontari per fermare il traffico, gli stallieri. Un giro d’affari - parliamo delle scommesse - di alcune centinaia di migliaia di euro al mese. C’è Palermo ma anche Catania e Trapani. E poi Napoli, Caserta e il suo litorale di Gomorra. A proposito, nell’ultimo blitz contro i Casalesi, sono stati sequestrati 13 cavalli. E molti di più ne possedeva a suo tempo, negli anni ‘80 e ‘90, Lorenzo Nuvoletta, potente boss di quella camorra federata con Cosa nostra, nella sua tenuta di Poggio Vallesana, Marano. Il vizio della gara clandestina è abituale, a quanto pare, nell’ambiente dei boss della ‘ndrangheta. La cronaca giudiziaria recente, racconta degli ippodromi «on the road» ad Archi, quartiere di Reggio Calabria, e regno dei De Stefano. Ma anche nella Locride, a Marina di Gioiosa Ionica, si sono disputate gare, mentre il traffico della Statale 106 veniva momentaneamente interrotto.
La «passione» del cavallo è stata una brutta malattia anche per i mammasantissima. Il grande Lucky Luciano era considerato il vero vip dell’ippodromo di Agnano, Napoli. E non perdeva neppure una corsa, sempre accompagnato dalla sua avvenente fidanzata. Una volta fu schiaffeggiato da un guappo impertinente. Non fece una piega. Poche settimane dopo, quel guappo sarà ucciso, si dice su ordine di don Tano Badalamenti, capo della Cupola siciliana. E pure Tommaso Buscetta, quando non era ancora pentito, amava farsi vedere alla «Favorita» di Palermo. Negli anni ‘90, fu organizzato un «Cavallo day» nel giorno dei funerali di un camorrista. Fu una tragedia, quella corsa. Perché arrivarono i carabinieri convinti di arrestare il boss latitante Carmine Alfieri. Il blitz fallì ma a pagarne le spese, con la vita, sarà chi aveva fatto la soffiata.
Non è ancora l’alba, quando due «sbirri» palermitani dell’Ufficio di prevenzione generale incrociano un «Liberty» con due ragazzotti a bordo, uno dei quali traina un cavallo. Il luogo è famoso per due specialità: una rinomata rosticceria, il bar «Massaro» con le sue fumanti arancine, e la pista dove frequentemente si svolgono le corse clandestine.
Non è un pezzo di letteratura, questo che raccontiamo. E’ cronaca avvenuta appena un mese fa. E il cavallo trainato con il «Liberty», non andava a pascolare. Dove andava si saprà poco dopo quando nella centralissima via Ernesto Basile ha inizio la gara. Erano in due gli sfidanti e nessuna staccionata a difenderli. Sette minuti per arrivare al traguardo (dalle 6,38 alle 6,45) e un muro di 36 scuteroni che sembravano cavallette a proteggerli dalle intrusioni non gradite, polizia e macchine. Eh sì, perché quella pista, via Basile, non è una landa desolata ma la più importante arteria di collegamento tra il centro e la via per uscire dalla città.
Bella gatta da pelare, questa delle corse clandestine di cavalli. Una malattia contagiosa, irrinunciabile tanto che ormai è un continuo posti di bloco alla ricerca del calesse infame. Il giorno 7 settembre, tocca a «Everset Bip», un baio che mai avrebbe immaginato nella sua cristallina carriera di trottatore di essere identificato da due poliziotti. Lo stesso giorno finisce nella rete il giovane fantino Vincenzo Tranchina perché il suo cavallo porta i segni, il sudore e la schiuma, di una gara appena conclusa. A domanda, il fantino garantisce per sé ma non può esibire i documenti di identità della bestia. Che si ritrova così sequestrata e costretta a una villeggiatura «militare», insomma agli arresti domiciliari nelle scuderie della polizia. Secondo i carabinieri, interessa una vasta platea di delinquenti comuni, di mafiosetti ma anche di malati, appassionati che non riescono a sfondare nel mondo della ippica ufficiale.
Solo a Palermo, ci sarebbero una quarantina di driver fai-da-te. E poi i supporter, le vedette, i volontari per fermare il traffico, gli stallieri. Un giro d’affari - parliamo delle scommesse - di alcune centinaia di migliaia di euro al mese. C’è Palermo ma anche Catania e Trapani. E poi Napoli, Caserta e il suo litorale di Gomorra. A proposito, nell’ultimo blitz contro i Casalesi, sono stati sequestrati 13 cavalli. E molti di più ne possedeva a suo tempo, negli anni ‘80 e ‘90, Lorenzo Nuvoletta, potente boss di quella camorra federata con Cosa nostra, nella sua tenuta di Poggio Vallesana, Marano. Il vizio della gara clandestina è abituale, a quanto pare, nell’ambiente dei boss della ‘ndrangheta. La cronaca giudiziaria recente, racconta degli ippodromi «on the road» ad Archi, quartiere di Reggio Calabria, e regno dei De Stefano. Ma anche nella Locride, a Marina di Gioiosa Ionica, si sono disputate gare, mentre il traffico della Statale 106 veniva momentaneamente interrotto.
La «passione» del cavallo è stata una brutta malattia anche per i mammasantissima. Il grande Lucky Luciano era considerato il vero vip dell’ippodromo di Agnano, Napoli. E non perdeva neppure una corsa, sempre accompagnato dalla sua avvenente fidanzata. Una volta fu schiaffeggiato da un guappo impertinente. Non fece una piega. Poche settimane dopo, quel guappo sarà ucciso, si dice su ordine di don Tano Badalamenti, capo della Cupola siciliana. E pure Tommaso Buscetta, quando non era ancora pentito, amava farsi vedere alla «Favorita» di Palermo. Negli anni ‘90, fu organizzato un «Cavallo day» nel giorno dei funerali di un camorrista. Fu una tragedia, quella corsa. Perché arrivarono i carabinieri convinti di arrestare il boss latitante Carmine Alfieri. Il blitz fallì ma a pagarne le spese, con la vita, sarà chi aveva fatto la soffiata.