Cinque imprenditori arrestati, un provvedimento notificato in carcere al boss agrigentino Calogero Di Caro, dodici indagati e numerosi beni sequestrati tra cui le mura e i terreni su cui sorge il più grande centro commerciale della provincia di Agrigento inaugurato appena un mese fa.
È il risultato dell'operazione condotta dagli uomini della squadra mobile di Agrigento guidati da Salvatore Montemagno i quali hanno eseguito un ordine di custodia cautelare emesso dal gip del Tribunale di Palermo e chiesto dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Palermo (Ferdinando Asaro, Sara Micucci e Gianfranco Scarfò).
A finire in manette cinque imprenditori ritenuti vicini al boss latitante della mafia agrigentina Giuseppe Falsone (almeno due di loro, secondo il racconto dei pentiti, erano tra i pochi ad essere ricevuti dal boss nel suo rifugio). «Il loro arresto – ha commentato il questore di Agrigento Girolamo Di Fazio – è il segno che esiste una parte di imprenditoria collusa e che la mafia agrigentina è viva e vegeta».
La vicenda che ha portato agli arresti di sabato 6 dicembre ruota tutta attorno alla costruzione da parte della società Agorà con sede a Canicattì del centro commerciale Le Vigne che si trova nel territorio del comune di Castrofilippo in provincia di Agrigento ed è stato inaugurato il 6 novembre: della costruzione del centro si parla, secondo un racconto che ne fa il collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati, già nel maggio del 2002 nel corso di un summit di mafia nell'agrigentino.
Per la costruzione del centro commerciale, oltre all'aiuto di professionisti, Cosa nostra avrebbe chiesto (e ottenuto) anche l'interessamento dell'ex assessore regionale ai Lavori pubblici Vincenzo Lo Giudice, detto mangialasagna e già condannato a 16 anni nell'ambito del cosiddetto procedimento Alta mafia.
Successivamente cosa nostra agrigentina avrebbe deciso di vendere il "pacchetto" Agorà (autorizzazioni e parte dei terreni) a una società specializzata, la SerCom di Catanzaro che ha pagato il tutto quattro milioni e si è avvalsa poi delle imprese locali (e collegate alla mafia) per la realizzazione del centro commerciale: la struttura oggi, secondo stime, vale almeno 70 milioni.
«Nel volgere di pochi giorni – dice il procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato – ci ritroviamo a verificare gli interessi di Cosa nostra nei centri commerciali. La mafia è passata dall'attività nell'edilizia a quella della grande distribuzione organizzata».