tratto da Gazzetta del Sud del 22/07/2001
Ruotava attorno alle discariche il business della mafia tirrenica. Tant'è che Melo Bisognano controllava l'Ufficio tecnico del Comune di Mazzarrà Sant'Andrea attraverso persone fidate o direttamente. Sull'argomento ha acceso i riflettori il pubblico ministero Francesco Massara, che durante la nuova deposizione ha rivolto al collaboratore di giustizia domande nette e precise: «Nel 2000 è giunto un finanziamento per la costruzione di una discarica comprensoriale, aprendo le porte ai rifiuti provenienti da Comuni differenti da Mazzarrà.
Signor Bisognano, cosa è successo?». Immediata la risposta: «È stata bandita una gara d'appalto alla quale hanno partecipato diverse imprese. Nel contempo il prof. Melo Giambò ha nominato Renzo Mirabito come esperto ambientale del Comune. Le mie ditte non hanno partecipato, perché erano imprese artigiane e non avevano i requisiti.
Ad aggiudicarsi l'appalto è stata la Ca.Ti.Fra. di Tindaro Calabrese, in Ati con la Costanzo di Santa Domenica di Vittoria. Ma la gara è stata pilotata perché la ditta vincitrice era vicina a Mirabito».
Presto si sono spalancate le porte dei ricorsi. «Voleva presentarlo la Mdm, ma sarebbero venuti fuori problemi come offerte anomale e mancanza di documentazione. Mi contattarono lo stesso prof. Giambò, Mirabito e il geometra Roberto Ravidà, presidente della commissione». Bisognano incontrò in una fabbrica d'infissi di Barcellona Emanuele Caruso, della Mdm, e gli disse: «Non c'è bisogno del ricorso, questa cosa ci interessa come rappresentanti barcellonesi di Cosa Nostra...
La gara fu pilotata con la sospensione per uno o due giorni, la lista originale con le offerte fu sostituita con una fasulla firmata dal rappresentante della commissione». «Ma come fa a saperlo?», ha chiesto Massara. «Ero sempre presente all'ufficio tecnico del Comune di Mazzarrà, ero di casa», ha replicato Bisognano, indicando tra i referenti Giambò, Mirabito e Ravidà. «La Ca.Ti.Fra. si è occupata dello sbancamento e della costruzione dell'invaso». Altre ditte locali di movimento terra «dei lavori di impermeabilizzazione». L'impianto è stato attivato nell'agosto del 2001. Cosa Nostra barcellonese non avrebbe preteso nulla dalla ditta aggiudicataria dell'appalto, «in previsione di ulteriori lavori di ampliamento, come la costruzione delle piazzali di compostaggio, e in vista del progetto di realizzare quattro termovalorizzatori in Sicilia».
Opere nelle quali si sarebbero inserite le società in odor di mafia. «Abbiamo preferito il motto "lasciare oggi per avere domani"». In sostanza Bisognano & company hanno preferito creare il terreno fertile per piazzare gli uomini giusti nell'Amministrazione di Mazzarrà e prepararsi al meglio alla campagna elettorale. «Non a caso al sindaco Giambò è succeduto Navarra, legato al primo». Gli esponenti delle famiglie che "contavano" «lavoravano attraverso la ditta Rotella». Ma secondo il rappresentante di quest'ultima, la Ca.Ti.Fra. «non gli aveva pagato i lavori, ultimata la realizzazione. Tindaro Calabrese non aveva dato i soldi». Nel dicembre 2001 Bisognano ha preteso spiegazioni da Ravidà, a giudizio del quale «Mirabito si era appropriato di alcune somme, compreso il 2% da dare ai Mazzarroti».
Il boss è andato su tutte le furie. Poco dopo l'incendio di un autocompattatore della ditta Sangermano, collegata a Mirabito. «L'episodio non è stato denunciato, è stato mascherato come un cortocircuito. È seguita la decisione di Giambò di escludere Mirabito dai rapporti con la discarica». Dopo aver parlato di fatture non corrisposte al clan (circa 250 mila euro) e poi saldate (con un accordo su 110 mila euro), Bisognano ha toccato il tasto delle discariche di Tripi, della messa in sicurezza della strada di accesso all'impianto di Mazzarrà (al confine con il Comune di Terme Vigliatore) e della costruzione della nuova discarica comprensoriale di Mazzarrà Sant'Andrea, il cui progetto è stato approvato dal consiglio comunale grazie all'interessamento dello stesso boss.(r.d.)